Il piatto preferito da Gianni Agnelli, l’«Avvocato» per definizione, era riso e scampi (per due persone: 300 g. di riso, 2 kg di scampi, 1/2 bicchiere di cognac, olio d’oliva). E tanto per restare quasi in famiglia, quello del cognato Giovanni Nuvoletti, che prediligeva la ganceola (alla Nuvoletti ovviamente, 1 bella granceola, 50 g. di burro, scalogno, 1/4 di crema, due bicchieri di vino bianco secco, 20 g. di dragoncello, due tuorli, 50 g. di parmigiano, 1 cucchiaio di mostarda, 1 bicchiere di cognac). Due grandi personaggi di un certo mondo che non c’è più, uno goloso per piacere, l’altro gourmet per vocazione. Ma in questo universo marino dei crostacei, ci sono, tanto per restare nel patrimonio delle cucine locali, gli astici, ottimi quelli sardi o quelli della vicina Dalmazia. Notissimi nel Veneziano i gamberi di laguna, un tempo c’erano anche quelli d’acqua dolce (ormai introvabili, li allevano nell’alto Friuli e in Carinzia). Al mercato del pesce di Rialto, quando si trova in stagione lo squisito scampo, pescato nelle acque dalmate o del Quarnaro i venditori gridano “scampi sensa coa” (senza cefalotorace) scrive Emilio Ninni nel 1920 nel suo libretto “Pesci, molluschi e crostacei nel vernacolo veneziano”. I crostacei hanno sicuramente le origini più nobili di molte specie ittiche, tanto che non se li potevano permettere tutti (e neanche oggi): la preziosa aragosta (celebri le gustosissime “aragostigne” sarde di scoglio), più accessibili e meno raffinati i sapori dell’astice, più comuni gamberi, mazzancolle e schie (gamberetti tipici della laguna di Venezia e del delta del Po), e ancora crostacei molto ricercati sono la granseola, il grosso granchio di mare (dal veneziano granchio, granzo e cipolla zéola), gli scampi tipici dell’Adriatico, stretti cugini degli astici dalle carni squisite (si mangiano anche crudi appena appena conditi) fino alle delicate cicale di mare, le popolari canoce.

Carlo Mocci