Parigi, maggio 1942. L’Oberstleutnant Friederick von Hallenstadt aveva invitato a cena la deliziosa Martine, addetta al Büro-Protokoll, nel ristorante più chic della capitale. Era in borghese perché non voleva dare nell’occhio ma si era accorto che il personale del ristorante “Chez Maxim’s” lo aveva già riconosciuto, essendo nota la sua fama di brillante ufficiale delle SS. Come tutte le sere, il locale era frequentato dalla Parigi che conta, che sapeva vivere allegramente e nell’abbondanza anche sotto l’occupazione nazista. Lo chef aveva preparato un menu tutto a base di crostacei e aveva fatto veramente delle magie. Il brusio di sottofondo sottolineava la soddisfazione della clientela ad ogni portata. Von Hallenstadt osservava la sala con malcelata soddisfazione e pensava tra sé che il Terzo Reich era proprio una  benedizione per i francesi, quando il suo sguardo venne colto da qualcosa che lo mise in allarme e di cattivo umore. Chiamò il maître di sala e confabularono per un paio di minuti.

– Complimenti Oberstleutnat, lei ci ha portato su un vassoio d’argento uno dei più ricchi ebrei della città – disse a Hallenstadt il generale in capo, comandante del territorio di occupazione in Francia, il pomeriggio successivo. – Come ha fatto? Lo sa che lo stavamo cercando da più di un anno? – Herr General, è stato semplice. Era l’unico in tutto Chez Maxim’s che non mangiasse i crostacei ed erano squisiti. Gli ebrei non mangiano crostacei perché la loro religione glielo impedisce.

Flavio Bisson